1) Il 6 giugno scorso ha dedicato la rotonda, che è anche porta d’accesso alla
città, ad Altiero Spinelli. Che messaggio vuole dare a chi arriva a
Imola?
Un messaggio di apertura e di accoglienza. Siamo una terra
che ha sempre privilegiato le relazioni, la nostra stessa posizione geografica,
tra l’Emilia e la Romagna, è l’antidoto naturale alla chiusura e
all’autoreferenzialità. Abbiamo naturalmente rapporti stretti con il nostro
capoluogo, Bologna, ma anche con le province romagnole, cui ci legano affinità
culturali e appartenenze storiche (la Diocesi di Imola è equamente divisa, ad
esempio, tra le province di Bologna e Ravenna). Le nostre imprese più
importanti esportano merci e tecnologie in tutto il mondo e intrattengono
solide relazioni internazionali. Siamo una città europea e abbiamo voluto
esprimerlo anche con questo gesto carico di significato, rendendo omaggio a una
personalità che, con coraggio e lungimiranza, ha creduto in un’Europa libera e
democratica perfino quando la Seconda Guerra Mondiale era in pieno svolgimento.
2) Ha parlato di Imola come una città europea, da cosa dipende, oltre al
fattore territoriale, l’appartenenza di una città all’Europa?
Imola si ritiene una città europea non solo per ragioni territoriali e
geografiche, ma perché ha scelto di esserlo e ogni giorno lavora per esserlo.
Innanzitutto condividiamo i valori che sono alla base dell’Unione europea: tra
i fattori identitari della nostra comunità ci sono la cooperazione, l’integrazione,
la solidarietà, l’idea di uno sviluppo sostenibile che guarda alla
competitività ma vuole anche garantire a tutti (e non a pochi eletti) un’alta
qualità della vita. Il nostro sistema di servizi alla persona (servizi per gli
anziani, per l’infanzia, per le famiglie) è in linea con gli standard europei,
il livello di occupazione femminile (pur nelle difficoltà degli ultimi anni) anche,
non ci sono periferie perché si è sempre lavorato per l’inclusione sociale, a
cominciare dall’integrazione scolastica degli studenti stranieri.
3) La campagna elettorale per le elezioni europee si è aperta con la paura
euroscettica, poi smentita dal risultato. Nonostante ciò i partiti anti-europa
italiani hanno ottenuto più seggi rispetto al 2009 e l’astensionismo è aumentato
di sette punti percentuali. Cosa, secondo Lei, ha reso l’esito italiano
comunque una vittoria?
Alle urne gli
italiani hanno dimostrato di credere in un progetto di futuro, hanno privilegiato
la speranza al disfattismo di chi gioca sulla paura per buttare tutto all’aria,
senza costruire niente. Queste sono basi fondamentali per ripartire, per uscire
da un periodo di crisi, ma anche di cambiamenti radicali, che producono
opportunità da sfruttare per creare sviluppo e nuova occupazione. Con queste
premesse, posso affermare che la vittoria non è stata di una parte, ma
dell’Italia intera.
4) Ha firmato l’appello del Movimento Federalista Europeo, e ha invitato altri
sindaci a farlo. Perché, secondo lei, il Federalismo europeo rappresenterebbe
una svolta e perché dovrebbe partire proprio dalle città?
Non è un caso che in prima fila a tenere aperto il dibattito sul
federalismo, in questi anni, siano stati i Comuni e le loro associazioni di
rappresentanza, a cominciare dall’Anci. E’ il momento di rimettere al centro le
comunità e le buone pratiche che le esperienze amministrative più avanzate del
nostro paese mettono quotidianamente in campo, la loro capacità innovativa nel
cercare soluzioni che diano risposte ai cittadini, all’insegna dell’efficienza,
dell’efficacia e del contenimento di risorse. E’ una ricetta valida per tutti,
anche per la nuova Europa che vogliamo contribuire a costruire.
5) La sua carriera politica è iniziata prestissimo, all’età di 21 anni, eletto
a consigliere comunale a Dozza. Che consigli dà ai giovani che, come lei, amano
la politica e vorrebbero seguire le sue orme?
Il consiglio è quello di studiare, di prepararsi, di non avere paura della
gavetta. La passione è importante, ma poi servono conoscenze e competenze,
soprattutto se dall’impegno politico nascono anche opportunità all’interno
delle istituzioni. Occorre inoltre saper ascoltare e avere sempre un
atteggiamento di umiltà, per essere in grado di imparare sempre, anche dai
propri errori.
Intervista a cura di:
Gabriele Bortolotti
con l'aiuto di:
Sarah Bianconcini
Lorenzo Tortorici
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