1) Nessuno meglio del Segretario
Nazionale del Movimento Federalista Europeo può spiegare in cosa esso consista.
Quali sono i suoi obiettivi e quali i suoi principi chiave?
Il MFE ha statutariamente come scopo la lotta
per la creazione della federazione europea, e più precisamente per un suo primo
nucleo aperto a tutti gli Stati che non abbiano partecipato alla sua
costituzione. Per perseguire questo obiettivo il MFE agisce nel quadro dell’Unione Europea dei Federalisti (UEF),
di cui costituisce la sezione italiana. Mentre per perseguire l'obiettivo della
federazione mondiale, che costituisce l'obiettivo ultimo dei federalisti, in
quello del Movimento Federalista Mondiale
(WFM). Il MFE rifiuta come metodo di lotta politica la violenza, in quanto il suo
valore di riferimento è la pace; e non partecipa alle elezioni a nessun
livello, in quanto il suo scopo non è quello di entrare in competizione con le
altre forze politiche democratiche, bensì quello di promuovere la formazione del
più ampio schieramento e consenso possibili per superare la sovranità nazionale
nei campi cruciali da cui dipende il futuro degli europei.
2) Il MFE fu fondato da Altiero
Spinelli negli anni 40’, avendo tra gli scopi principali quello di combattere
il Fascismo. Quali sono le differenze tra il MFE attuale e quello originario? Quali
le analogie?
Quando
il MFE fu fondato a Milano nell'agosto del 1943, l'urgenza del momento, almeno
per chi voleva rifondare su basi democratiche la vita degli Stati, era
costituita dalla sconfitta del nazifascismo. Questa era allora la condizione
indispensabile per potersi ancora battere per i valori democratici, socialisti
e liberali. Altiero Spinelli aveva però intuito durante il confino nell’isola
di Ventotene che in Europa, una volta vinta la guerra contro il nazifascismo, la
lotta politica e la vita degli Stati non si sarebbero più potute sviluppare
secondo i vecchi schemi: la guerra aveva infatti messo implacabilmente in
evidenza la debolezza e l’inadeguatezza economica, industriale, militare dei
vecchi Stati nazionali europei rispetto ai nuovi soggetti statuali di
dimensioni continentali come gli USA e l’URSS che erano entrati in scena. Non a
caso è proprio sull’intuizione spinelliana
sintetizzata nella famosa frase del Manifesto di Ventotene sulla “linea di
divisione” che si fondò e si fonda tuttora la specificità del MFE: “La linea di divisione fra
partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea
formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da
istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che
concepiscono ancora come fine essenziale della lotta la conquista del potere
politico nazionale e quelli che vedranno finalmente come compito centrale la creazione
di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le
forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno prima
di tutto come strumento per realizzare l’unità internazionale” (Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, Manifesto
di Ventotene, 1941). Per questo battersi per
la federazione europea fu e resta, ad oltre settant’anni dalla sua fondazione,
l’obiettivo prioritario del MFE. Un obiettivo che è stato ed è perseguito in
funzione dell’evoluzione del quadro storico e dell’evoluzione del processo d’integrazione
europea. Perché una volta svanita la possibilità – o meglio, una volta persa la
battaglia per fare lo Stato federale a partire dalla Comunità europea e di
difesa nel 1954 – fu subito evidente, in particolare a Mario Albertini che
guidò il MFE dopo Spinelli a partire dagli anni sessanta, che occorreva da un
lato forgiare un Movimento capace di stare sul campo a lungo, contando
innanzitutto sulle proprie forze e sulla propria autonomia politica, culturale
e finanziaria (cosa che il MFE degli anni cinquanta, con molte decine di
migliaia di iscritti, ma poco autonomo, non era in grado di fare); e ,
dall’altro lato, sviluppare una strategia d’azione capace di volta in volta di
sfruttare i momenti di crisi, che inevitabilmente si sarebbero presentati in un
Europa che aveva perso la propria autonomia politico-militare e che aveva
imboccato la strada di un’integrazione sempre più stretta in campo economico e
commerciale senza disporre – per mancanza di volontà politica - delle
istituzioni e degli strumenti indispensabili per governarla democraticamente su
scala sovranazionale. Ecco, se dopo essere stato fondato il MFE vive ancora ed
ha un ruolo, ciò dipende dal fatto che almeno tre generazioni di federalisti
hanno mantenuto sul campo e tradotto in azioni e comportamenti concreti lo
spirito spinelliano del Manifesto di Ventotene e
l’intuizione strategico-organizzativa, oltre all’apporto culturale, di
Albertini. Oggi i federalisti europei, in
Italia ed in Europa, stanno cercando, con i mezzi a loro disposizione, di sfruttare
la terza grande occasione di realizzare la federazione europea – dopo la CED
negli anni cinquanta ed il tentativo costituente di Altiero Spinelli nel primo
parlamento europeo eletto agli inizi degli anni ottanta. Lo stanno facendo e
continueranno a farlo attraverso la Campagna per la federazione europea, I
cui punti essenziali sono riassunti nell’appello/cartolina indirizzato ai Presidenti della
Repubblica e del Consiglio, su cui si è sviluppata un’azione in una sessantina
di città e da cui hanno preso spunto le iniziative federaliste durante la
Campagna elettorale europea, che hanno raggiunto centinaia di candidate e tutti
i partiti pro-europei. Ecco cosa rivendica oggi il MFE:
“Con l'obiettivo di instaurare il
governo dell'eurozona entro il 2015, i cittadini chiedono:
- l'istituzione di un bilancio autonomo dell'Eurozona finanziato con risorse proprie – come la tassa sulle transazioni finanziarie, la carbon tax, e l'emissione di euro-obbligazioni –, votato e controllato dai parlamentari europei dell'Eurozona;
- la firma di un "patto pre-costituzionale" da parte dei paesi dell'Eurozona e aperto ai paesi che vi vorranno aderire, che contenga l'impegno di realizzare un governo democratico e federale della moneta, della fiscalità e dell'economia dell'unione economica e monetaria;
- la convocazione di una Conferenza composta da parlamentari europei e nazionali, per avviare la discussione sulla riforma delle istituzioni europee;
- la convocazione, dopo le elezioni europee, di una Convenzione costituente europea con il mandato di elaborare una costituzione federale e di stabilire le norme per regolare le relazioni tra i paesi dell'Eurozona e il resto dell'Unione Europea”.
Ovviamente siamo ben consapevoli che questa azione non basta
e non basterà. Come pure siamo consapevoli che la maggior parte dei governi
dell’eurozona non è ancora favorevole ad imboccare la strada verso l’unione
federale. Ma il fatto decisivo è che c’è uno spazio per agire. Del resto
Schuman e Adenauer, nel 1951, ritenevano impensabile associare la formazione
dell’esercito europeo alla costruzione di una Comunità politica, ma poi
finirono con l’accettare perché De Gasperi, pressato da Spinelli e dal MFE,
seppe insistere. Come è vero che venne dall’Italia (e dal MFE) l’impulso a fare
eleggere direttamente il Parlamento europeo. E che una operazione analoga da
parte del governo italiano ebbe successo ai tempi della creazione della moneta
unica, mentre gli altri governi volevano limitarsi ad instaurare una moneta
parallela.
3) Le recenti elezioni europee hanno
confermato l'ondata di un fronte nazionalista anti-europeo, ampio e non trascurabile. Può, questo, essere
considerato un passo indietro nei confronti di un’Europa Federale? In che modo
la proposta Federalista può ottenere consenso e successo, in un’Europa che
sembra tendere in una direzione completamente opposta?
Le elezioni
europee hanno confermato in diversi paesi la crescita dei movimenti antieuropei e filo-nazionalisti, l'esistenza in Francia di uno zoccolo duro
sovranista, ed in Gran Bretagna di un movimento antieuropeo ormai maggioritario
in quel paese. Ma le forze che dicono di volere l'Europa restano ancora ampiamente
maggioritarie nel Parlamento europeo, nelle opinioni pubbliche e nei governi
dei principali paesi dell'eurozona, anche in Francia, come in Germania, in
Italia e in Grecia. Il problema è che queste forze, per essere credibili,
devono ormai dire come ed entro quando vogliono fare l’Europa, risolvendo una
volta per tutte la contraddizione di aver creato una moneta senza
l'indispensabile unione politica. Perché o questa legislatura europea crea le
istituzioni necessarie per governare l’euro e per promuovere le necessarie
politiche economiche per lo sviluppo e l’occupazione; oppure le spinte alla
disgregazione dell’Unione diventeranno irresistibili ed incontrollabili. Del
resto, al punto in cui siamo è evidente che:
- Non sono possibili passi avanti senza una riforma istituzionale, ricorrendo anche ad un nuovo Trattato ad hoc;
- Occorre un coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini in una nuova fase costituente europea, attraverso la convocazione di una convenzione (anche se resta aperta la questione su come e sulla base di quale mandato convocarla);
- Il confronto in corso tra i governi e le istituzioni europee sulla forma ed il contenuto che dovrà assumere la Partnership per le riforme, la crescita e la competitività rappresenta il primo banco di prova della volontà di imprimere un nuovo corso economico a livello dell’eurozona, coniugando riforme nazionali con incentivi europei.
4) Può la proposta Federalista
aiutare concretamente l’Italia e i paesi Mediterranei a far fronte al problema
dell’immigrazione? Se sì, in che modo?
Partirei da due considerazioni. La prima
riguarda il guazzabuglio normativo ed istituzionale che gli europei sono
riusciti a creare. Abbiamo affermato il diritto alla libera circolazione in
Europa, ma la tutela e la regolamentazione di questo diritto è tuttora
largamente nelle mani delle legislazioni nazionali, con tutto quello che ciò
implica in termini di contraddizioni giuridiche – basti pensare al fatto che la
cittadinanza europea è tuttora una cittadinanza derivata da quella nazionale;
tensioni fra e negli Stati, e strumentalizzazioni da parte di vecchi e nuovi
demagoghi e nazionalisti. D’altra parte l’affermazione di questo diritto era
stata concepita in un quadro in cui l’Europa occidentale era ancora un regione relativamente
chiusa dalla cortina di ferro ad Est, e da una corona di Stati che godevano
ancora di un largo consenso da parte delle loro popolazioni ed erano in grado
di garantire un minimo di sicurezza a Sud. Condizioni queste che non ci sono
più, anche a causa dell’assenza di una politica europea di cooperazione e di
promozione dell’integrazione in quelle aree. La seconda considerazione riguarda
il fatto che il problema delle migrazioni – più che quello dell’immigrazione in
questo o quel paese –, è collegato sia al fenomeno della globalizzazione, che
crea incessantemente nuovi canali di comunicazione ed interscambio tra le
società, le economie le culture a livello internazionale; sia al permanere di
forti squilibri economici fra diverse regioni del mondo; sia al diffondersi di
focolai di guerra e allo sfaldamento di alcuni Stati in Africa ed in Medio
Oriente, con tutto quello che ne consegue in termini di sconvolgimento delle
condizioni di vita delle popolazioni che vivono in quei territori. Siamo quindi
di fronte ad un problema che non può essere affrontato né con gli strumenti ed
i mezzi a disposizione dei vecchi Stati nazionali europei, né senza una
politica estera, economica, energetica, commerciale ecc davvero europea. Realizzare
la federazione europea significa lavorare per superare queste contraddizioni. Altrimenti
si resta nel campo della cooperazione volontaria tra Stati anche per quanto
riguarda la questione dell’immigrazione.
5) Perché i giovani dovrebbero
perseguire un’Europa Federale? Quali sono i vantaggi che trarrebbero?
I giovani d’oggi sanno di essere la prima
generazione da oltre mezzo secolo che corre il rischio di vivere un futuro, in
termini di prospettive economiche, di giustizia sociale, di opportunità
lavorative ecc, peggiore rispetto a quello dei propri genitori. C’è qualcuno
che pensa che si possa uscire da questa situazione con soluzioni pre-euro, pre-Unione Europea o addirittura pre-integrazione europea? Se sì, questo qualcuno dovrebbe spiegare
quali vantaggi ne avremmo a perseguire politiche inflazionistiche, di
svalutazione competitiva tra monete nazionali, e alla fine di riarmo e di
chiusura delle frontiere – perché una volta che si abbandona la strada
dell’integrazione e la prospettiva dell’unione, non ci si può certo illudere di
mantenere un clima di fiducia fra popoli e Stati europei. La maggioranza degli
europei, per come sono andate le elezioni europee, crede ancora nella necessità
di approfondire l’unione, non di perseguire la disgregazione. Bisogna allora
avere il coraggio di andare avanti, di fare l’unione federale a partire
dall’eurozona affrontando e risolvendo i problemi emersi dalla crisi economica
e finanziaria. Ma bisogna farlo in fretta, trasformando questa legislatura
europea in una legislatura costituente. È su questo terreno che i giovani
possono svolgere un ruolo importante, contribuendo ad aprire una nuova fase
nella storia dell’unità europea, sgombrando il campo da atteggiamenti ipocriti,
retorici e demagogici a livello nazionale ed europeo.
Intervista a cura di:
Gabriele Bortolotti
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