Giovani Europeisti

Giovani Europeisti

domenica 22 giugno 2014

Intervista al Segretario Nazionale del Movimento Federalista Europeo, Franco Spoltore


1) Nessuno meglio del Segretario Nazionale del Movimento Federalista Europeo può spiegare in cosa esso consista. Quali sono i suoi obiettivi e quali i suoi principi chiave?

  Il MFE ha statutariamente come scopo la lotta per la creazione della federazione europea, e più precisamente per un suo primo nucleo aperto a tutti gli Stati che non abbiano partecipato alla sua costituzione. Per perseguire questo obiettivo il MFE agisce nel quadro dell’Unione Europea dei Federalisti (UEF), di cui costituisce la sezione italiana. Mentre per perseguire l'obiettivo della federazione mondiale, che costituisce l'obiettivo ultimo dei federalisti, in quello del Movimento Federalista Mondiale (WFM). Il MFE rifiuta come metodo di lotta politica la violenza, in quanto il suo valore di riferimento è la pace; e non partecipa alle elezioni a nessun livello, in quanto il suo scopo non è quello di entrare in competizione con le altre forze politiche democratiche, bensì quello di promuovere la formazione del più ampio schieramento e consenso possibili per superare la sovranità nazionale nei campi cruciali da cui dipende il futuro degli europei.

2) Il MFE fu fondato da Altiero Spinelli negli anni 40’, avendo tra gli scopi principali quello di combattere il Fascismo. Quali sono le differenze tra il MFE attuale e quello originario? Quali le analogie?

  Quando il MFE fu fondato a Milano nell'agosto del 1943, l'urgenza del momento, almeno per chi voleva rifondare su basi democratiche la vita degli Stati, era costituita dalla sconfitta del nazifascismo. Questa era allora la condizione indispensabile per potersi ancora battere per i valori democratici, socialisti e liberali. Altiero Spinelli aveva però intuito durante il confino nell’isola di Ventotene che in Europa, una volta vinta la guerra contro il nazifascismo, la lotta politica e la vita degli Stati non si sarebbero più potute sviluppare secondo i vecchi schemi: la guerra aveva infatti messo implacabilmente in evidenza la debolezza e l’inadeguatezza economica, industriale, militare dei vecchi Stati nazionali europei rispetto ai nuovi soggetti statuali di dimensioni continentali come gli USA e l’URSS che erano entrati in scena. Non a caso è proprio sull’intuizione spinelliana sintetizzata nella famosa frase del Manifesto di Ventotene sulla “linea di divisione” che si fondò e si fonda tuttora la specificità del MFE: La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono ancora come fine essenziale della lotta la conquista del potere politico nazionale e quelli che vedranno finalmente come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno prima di tutto come strumento per realizzare l’unità internazionale” (Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, Manifesto di Ventotene, 1941). Per questo battersi per la federazione europea fu e resta, ad oltre settant’anni dalla sua fondazione, l’obiettivo prioritario del MFE. Un obiettivo che è stato ed è perseguito in funzione dell’evoluzione del quadro storico e dell’evoluzione del processo d’integrazione europea. Perché una volta svanita la possibilità – o meglio, una volta persa la battaglia per fare lo Stato federale a partire dalla Comunità europea e di difesa nel 1954 – fu subito evidente, in particolare a Mario Albertini che guidò il MFE dopo Spinelli a partire dagli anni sessanta, che occorreva da un lato forgiare un Movimento capace di stare sul campo a lungo, contando innanzitutto sulle proprie forze e sulla propria autonomia politica, culturale e finanziaria (cosa che il MFE degli anni cinquanta, con molte decine di migliaia di iscritti, ma poco autonomo, non era in grado di fare); e , dall’altro lato, sviluppare una strategia d’azione capace di volta in volta di sfruttare i momenti di crisi, che inevitabilmente si sarebbero presentati in un Europa che aveva perso la propria autonomia politico-militare e che aveva imboccato la strada di un’integrazione sempre più stretta in campo economico e commerciale senza disporre – per mancanza di volontà politica - delle istituzioni e degli strumenti indispensabili per governarla democraticamente su scala sovranazionale. Ecco, se dopo essere stato fondato il MFE vive ancora ed ha un ruolo, ciò dipende dal fatto che almeno tre generazioni di federalisti hanno mantenuto sul campo e tradotto in azioni e comportamenti concreti lo spirito spinelliano del Manifesto di Ventotene e l’intuizione strategico-organizzativa, oltre all’apporto culturale, di Albertini. Oggi i federalisti europei, in Italia ed in Europa, stanno cercando, con i mezzi a loro disposizione, di sfruttare la terza grande occasione di realizzare la federazione europea – dopo la CED negli anni cinquanta ed il tentativo costituente di Altiero Spinelli nel primo parlamento europeo eletto agli inizi degli anni ottanta. Lo stanno facendo e continueranno a farlo attraverso la Campagna per la federazione europea, I cui punti essenziali sono riassunti nell’appello/cartolina indirizzato ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio, su cui si è sviluppata un’azione in una sessantina di città e da cui hanno preso spunto le iniziative federaliste durante la Campagna elettorale europea, che hanno raggiunto centinaia di candidate e tutti i partiti pro-europei. Ecco cosa rivendica oggi il MFE:
 “Con l'obiettivo di instaurare il governo dell'eurozona entro il 2015, i cittadini chiedono:
  •       l'istituzione di un bilancio autonomo dell'Eurozona finanziato con risorse proprie – come la tassa sulle transazioni finanziarie, la carbon tax, e l'emissione di euro-obbligazioni –, votato e controllato dai parlamentari europei dell'Eurozona;
  •       la firma di un "patto pre-costituzionale" da parte dei paesi dell'Eurozona e aperto ai paesi che vi vorranno aderire, che contenga l'impegno di realizzare un governo democratico e federale della moneta, della fiscalità e dell'economia dell'unione economica e monetaria;
  •       la convocazione di una Conferenza composta da parlamentari europei e nazionali, per avviare la discussione sulla riforma delle istituzioni europee;
  •       la convocazione, dopo le elezioni europee, di una Convenzione costituente europea con il mandato di elaborare una costituzione federale e di stabilire le norme per regolare le relazioni tra i paesi dell'Eurozona e il resto dell'Unione Europea”.

Ovviamente siamo ben consapevoli che questa azione non basta e non basterà. Come pure siamo consapevoli che la maggior parte dei governi dell’eurozona non è ancora favorevole ad imboccare la strada verso l’unione federale. Ma il fatto decisivo è che c’è uno spazio per agire. Del resto Schuman e Adenauer, nel 1951, ritenevano impensabile associare la formazione dell’esercito europeo alla costruzione di una Comunità politica, ma poi finirono con l’accettare perché De Gasperi, pressato da Spinelli e dal MFE, seppe insistere. Come è vero che venne dall’Italia (e dal MFE) l’impulso a fare eleggere direttamente il Parlamento europeo. E che una operazione analoga da parte del governo italiano ebbe successo ai tempi della creazione della moneta unica, mentre gli altri governi volevano limitarsi ad instaurare una moneta parallela.


3) Le recenti elezioni europee hanno confermato l'ondata di un fronte nazionalista anti-europeo, ampio e non trascurabile. Può, questo, essere considerato un passo indietro nei confronti di un’Europa Federale? In che modo la proposta Federalista può ottenere consenso e successo, in un’Europa che sembra tendere in una direzione completamente opposta?
 
  Le elezioni europee hanno confermato in diversi paesi la crescita dei movimenti antieuropei e filo-nazionalisti, l'esistenza in Francia di uno zoccolo duro sovranista, ed in Gran Bretagna di un movimento antieuropeo ormai maggioritario in quel paese. Ma le forze che dicono di volere l'Europa restano ancora ampiamente maggioritarie nel Parlamento europeo, nelle opinioni pubbliche e nei governi dei principali paesi dell'eurozona, anche in Francia, come in Germania, in Italia e in Grecia. Il problema è che queste forze, per essere credibili, devono ormai dire come ed entro quando vogliono fare l’Europa, risolvendo una volta per tutte la contraddizione di aver creato una moneta senza l'indispensabile unione politica. Perché o questa legislatura europea crea le istituzioni necessarie per governare l’euro e per promuovere le necessarie politiche economiche per lo sviluppo e l’occupazione; oppure le spinte alla disgregazione dell’Unione diventeranno irresistibili ed incontrollabili. Del resto, al punto in cui siamo è evidente che: 
  •   Non sono possibili passi avanti senza una riforma istituzionale, ricorrendo anche ad un nuovo Trattato ad hoc;
  •  Occorre un coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini in una nuova fase costituente europea, attraverso la convocazione di una convenzione (anche se resta aperta la questione su come e sulla base di quale mandato convocarla);
  •   Il confronto in corso tra i governi e le istituzioni europee sulla forma ed il contenuto che dovrà assumere la Partnership per le riforme, la crescita e la competitività rappresenta il primo banco di prova della volontà di imprimere un nuovo corso economico a livello dell’eurozona, coniugando riforme nazionali con incentivi europei.


4) Può la proposta Federalista aiutare concretamente l’Italia e i paesi Mediterranei a far fronte al problema dell’immigrazione? Se sì, in che modo?
  Partirei da due considerazioni. La prima riguarda il guazzabuglio normativo ed istituzionale che gli europei sono riusciti a creare. Abbiamo affermato il diritto alla libera circolazione in Europa, ma la tutela e la regolamentazione di questo diritto è tuttora largamente nelle mani delle legislazioni nazionali, con tutto quello che ciò implica in termini di contraddizioni giuridiche – basti pensare al fatto che la cittadinanza europea è tuttora una cittadinanza derivata da quella nazionale; tensioni fra e negli Stati, e strumentalizzazioni da parte di vecchi e nuovi demagoghi e nazionalisti. D’altra parte l’affermazione di questo diritto era stata concepita in un quadro in cui l’Europa occidentale era ancora un regione relativamente chiusa dalla cortina di ferro ad Est, e da una corona di Stati che godevano ancora di un largo consenso da parte delle loro popolazioni ed erano in grado di garantire un minimo di sicurezza a Sud. Condizioni queste che non ci sono più, anche a causa dell’assenza di una politica europea di cooperazione e di promozione dell’integrazione in quelle aree. La seconda considerazione riguarda il fatto che il problema delle migrazioni – più che quello dell’immigrazione in questo o quel paese –, è collegato sia al fenomeno della globalizzazione, che crea incessantemente nuovi canali di comunicazione ed interscambio tra le società, le economie le culture a livello internazionale; sia al permanere di forti squilibri economici fra diverse regioni del mondo; sia al diffondersi di focolai di guerra e allo sfaldamento di alcuni Stati in Africa ed in Medio Oriente, con tutto quello che ne consegue in termini di sconvolgimento delle condizioni di vita delle popolazioni che vivono in quei territori. Siamo quindi di fronte ad un problema che non può essere affrontato né con gli strumenti ed i mezzi a disposizione dei vecchi Stati nazionali europei, né senza una politica estera, economica, energetica, commerciale ecc davvero europea. Realizzare la federazione europea significa lavorare per superare queste contraddizioni. Altrimenti si resta nel campo della cooperazione volontaria tra Stati anche per quanto riguarda la questione dell’immigrazione.

5) Perché i giovani dovrebbero perseguire un’Europa Federale? Quali sono i vantaggi  che trarrebbero?


  I giovani d’oggi sanno di essere la prima generazione da oltre mezzo secolo che corre il rischio di vivere un futuro, in termini di prospettive economiche, di giustizia sociale, di opportunità lavorative ecc, peggiore rispetto a quello dei propri genitori. C’è qualcuno che pensa che si possa uscire da questa situazione con soluzioni pre-euro, pre-Unione Europea o addirittura pre-integrazione europea? Se sì, questo qualcuno dovrebbe spiegare quali vantaggi ne avremmo a perseguire politiche inflazionistiche, di svalutazione competitiva tra monete nazionali, e alla fine di riarmo e di chiusura delle frontiere – perché una volta che si abbandona la strada dell’integrazione e la prospettiva dell’unione, non ci si può certo illudere di mantenere un clima di fiducia fra popoli e Stati europei. La maggioranza degli europei, per come sono andate le elezioni europee, crede ancora nella necessità di approfondire l’unione, non di perseguire la disgregazione. Bisogna allora avere il coraggio di andare avanti, di fare l’unione federale a partire dall’eurozona affrontando e risolvendo i problemi emersi dalla crisi economica e finanziaria. Ma bisogna farlo in fretta, trasformando questa legislatura europea in una legislatura costituente. È su questo terreno che i giovani possono svolgere un ruolo importante, contribuendo ad aprire una nuova fase nella storia dell’unità europea, sgombrando il campo da atteggiamenti ipocriti, retorici e demagogici a livello nazionale ed europeo.


Intervista a cura di: 
Gabriele Bortolotti

Nessun commento:

Posta un commento