Giovani Europeisti

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lunedì 9 giugno 2014

L’Ucraina e le elezioni europee. Una strategia per la pace e lo sviluppo. di Alfonso Sabatin


Un’Unione Europea ignava e impotente ha destabilizzato l’Ucraina, ha creato una crisi internazionale, è stata sfidata da Vladimir Putin con l’annessione della Crimea alla Russia, ed ha affidato agli Stati Uniti d’America la soluzione della crisi nonostante le umiliazioni subite con le intercettazioni telefoniche e il “fuck EU” del Sottosegretario USA Victoria Nuland.
Il risultato provvisorio, non risolutivo, dell’azione diplomatica attivata per superare la crisi è lo Joint Statement, Geneva Statement on Ukraina, siglato a Ginevra il 17 aprile 2014 dai rappresentanti dell’UE, degli USA, della Federazione Russa e della Repubblica di Ucraina. Il documento impegna le parti firmatarie sulla cessazione delle violenze e delle provocazioni, mobilita una missione OSCE per l’attuazione delle misure di pacificazione, sotto il monitoraggio USA e russo, e apre a un processo costituzionale, fondato sul dialogo interno tra le forze politiche ucraine, rispettoso di tutte le regioni e gli interessi in gioco. L’accordo è frutto dei contatti russo- americani ed è anche significativo che lo stesso Presidente americano Barack Obama si sia affrettato a definirlo insufficiente. Il Presidente russo Vladimir Putin nella sua intervista televisiva sempre del 17 aprile ha fatto capire chiaramente che manterrà la sua libertà di azione.
Per quanto riguarda l’UE, i comportamenti di tutti i suoi attori politici durante l’intero percorso della crisi sono sconcertanti e rinunciatari. Con riferimento alle istituzioni europee, un qualsiasi governo democratico in carica che si fosse comportato con la stessa incompetenza avrebbe dovuto risponderne di fronte al suo parlamento e, sicuramente, avrebbe ricevuto un voto di sfiducia. Da parte loro, i media, rispondendo al loro dovere di critica, avrebbero dovuto stigmatizzare i comportamenti dell’esecutivo e gli stessi cittadini avrebbero avuto tutto il diritto di scendere in piazza e attivare forme di protesta civile. La responsabilità ricade sui vertici istituzionali dell’UE, sui governi degli Stati membri, sulle forze politiche rappresentate nel Parlamento europeo e sulla stessa società abituata da anni a delegare a Washington le decisioni sul proprio sviluppo e sulla propria sicurezza. Da anni la società europea applaude compiaciuta l’avvio di numerose “primavere” nel mondo senza poi attivarsi per costruire le condizioni strutturali affinché esse possano affermar- si in modo evolutivo. E ne subisce le conseguenze. I casi recenti sono quelli della “primavera araba” e dell’Ucraina. L’Europa deve far tesoro dell’affermazione di Henry Kissinger: “Per l’Occidente la demonizzazione di Vladimir Putin non è una politica, bensì un alibi per l’assenza di quest’ultima”. L’assenza di politica europea indebolisce l’UE, vedi l’euroscetticismo dilagante, divide l’Ucraina e colpisce ovviamente la Russia perché ne rafforza le spinte autoritarie interne a danno dell’affermazione delle istanze liberaldemocratiche presenti al suo interno.
L’assenza di una politica europea delle relazioni esterne e dello sviluppo interno, quindi, è il nodo da sciogliere da parte UE anche per i rapporti con gli Stati Uniti d’America che non possono essere improntati alla dipendenza e alla subordinazione. La definizione di una linea politica autonoma, di equal partnership con Washingon, costituisce per l’UE la base per potere affrontare da protagonista un negoziato costruttivo con la Russia sull’Ucraina e la creazione di un’Unione doganale euroasiatica. Il dibattito in Occidente su tale progetto moscovita non ha messo in evidenza che se esso viene integrato in un’OSCE rafforzata e contrattato con l’UE costituisce una grande opportunità per la cooperazione allo sviluppo, per la crescita sociale e democratica nell’area euroasiatica e per la pace e la sicurezza mondiale. Fuori da questo contesto il progetto rimane un disegno imperiale russo destinato a fallire.
Diventa pertanto essenziale il completamento da parte europea dell’Unione economica e monetaria nelle sue articolazioni dell’unione bancaria, fiscale, economica. Il completamento non è soltanto un obiettivo rivolto a rilanciare la credibilità del processo europeo in quanto è un punto di appoggio strutturale per una cooperazione economica e finanziaria con le altre aree del mondo in condizioni di stabilità monetaria e per una riforma del sistema monetario internazionale quale base per il governo dei processi di globalizzazione.
L’UE deve darsi, inoltre, chiari obiettivi di sviluppo, coerenti con le aspettative dei cittadini europei e le compatibilità ambientali planetarie, e grandi progetti europei, come è avvenuto in passato con Airbus, Arianespace, l’alta velocità ferroviaria, e investire molto in ri- cerca, innovazione e istruzione per la creazione di nuova occupazione. Le analisi ci sono, i progetti anche, occorre attivarli. L’Europa deve riuscire a diffondere nel mondo il suo modello di pace e di sviluppo sostenibile, attento ai problemi del rispetto ambientale e della salute, attento al risparmio e all’efficienza energetica e alla diffusione delle energie rinnovabili per la riduzione delle emissioni di CO2 e per risparmiare e lasciare in eredità alle future generazioni le attuali dispo- nibilità minerarie di idrocarburi e carbone.
L’apertura del dibattito elettorale in vista delle prossime elezioni eu- ropee può essere un’occasione per una presa di coscienza e soprattut- to per l’avvio di una riflessione sull’ “assenza di politica” che dovrebbe poi entrare nel programma di lavoro della nuova legislatura del Parlamento europeo e della Commissione.
L’Unione Europea lamenta un deficit politico sia sul versante interno sia su quello delle relazioni esterne. Deve immediatamente dare segnali di nuove linee guida su entrambi i versanti senza ritardi per ridurre le tensioni pericolosissime che si sono accumulate in Ucraina. Il nodo è globale e non può essere sciolto con i piccoli passi. L’Unione deve subito indicare i propri obiettivi di rafforzamento del sistema euro con il completamento dell’unione fiscale e di bilancio e l’avvio di un piano straordinario per lo sviluppo sostenibile e convocare una convenzione costituente, aperta a tutti gli Stati membri disponibili, per una riforma dei trattati diretta a dare all’Unione la disciplina democratica sovranazionale di cui ha bisogno. La possibilità di avere il prossimo presidente della Commissione nominato con voto a maggioranza dal Consiglio europeo sulla base dei risultati elettorali rende realistica questa prospettiva (art. 17.7 del TUE). E’ compito quindi delle forze politiche inserire nei propri program- mi elettorali il progetto costituente federale e impegnare i propri candidati a prendere immediatamente l’iniziativa nella prossima legislatura 2014 - 2019 del Parlamento europeo.
Il segnale sul rafforzamento interno è strategico per l’azione esterna, le dà credibilità. Le permette di presentarsi al tavolo internazionale del negozia- to sul superamento della crisi ucraina e dei rapporti con la Russia con un progetto politico di cooperazione alla costruzione della pace, dello sviluppo e della democrazia.

Alfonso Sabatino 
(fonte: PiemontEuropa)


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