Un’Unione
Europea ignava e impotente ha destabilizzato l’Ucraina, ha creato una
crisi internazionale, è stata sfidata da Vladimir Putin con l’annessione
della Crimea alla Russia, ed ha affidato agli Stati Uniti d’America la
soluzione della crisi nonostante le umiliazioni subite con le intercettazioni
telefoniche e il “fuck EU” del Sottosegretario USA Victoria Nuland.
Il
risultato provvisorio, non risolutivo, dell’azione diplomatica attivata per
superare la crisi è lo Joint Statement, Geneva Statement on Ukraina, siglato a
Ginevra il 17 aprile 2014 dai rappresentanti dell’UE, degli USA, della
Federazione Russa e della Repubblica di Ucraina. Il documento impegna le
parti firmatarie sulla cessazione delle violenze e delle provocazioni, mobilita
una missione OSCE per l’attuazione delle misure di pacificazione, sotto il
monitoraggio USA e russo, e apre a un processo costituzionale, fondato sul
dialogo interno tra le forze politiche ucraine, rispettoso di tutte le regioni
e gli interessi in gioco. L’accordo è frutto dei contatti russo- americani ed è
anche significativo che lo stesso Presidente americano Barack Obama si sia
affrettato a definirlo insufficiente. Il Presidente russo Vladimir Putin nella
sua intervista televisiva sempre del 17 aprile ha fatto capire chiaramente che
manterrà la sua libertà di azione.
Per
quanto riguarda l’UE, i comportamenti di tutti i suoi attori politici durante
l’intero percorso della crisi sono sconcertanti e rinunciatari. Con riferimento
alle istituzioni europee, un qualsiasi governo democratico in carica che si
fosse comportato con la stessa incompetenza avrebbe dovuto risponderne di
fronte al suo parlamento e, sicuramente, avrebbe ricevuto un voto di sfiducia.
Da parte loro, i media, rispondendo al loro dovere di critica, avrebbero dovuto
stigmatizzare i comportamenti dell’esecutivo e gli stessi cittadini avrebbero
avuto tutto il diritto di scendere in piazza e attivare forme di protesta
civile. La responsabilità ricade sui vertici istituzionali dell’UE, sui governi
degli Stati membri, sulle forze politiche rappresentate nel Parlamento europeo
e sulla stessa società abituata da anni a delegare a Washington le decisioni
sul proprio sviluppo e sulla propria sicurezza. Da anni la società europea
applaude compiaciuta l’avvio di numerose “primavere” nel mondo senza poi
attivarsi per costruire le condizioni strutturali affinché esse possano
affermar- si in modo evolutivo. E ne subisce le conseguenze. I casi recenti
sono quelli della “primavera araba” e dell’Ucraina. L’Europa deve far tesoro
dell’affermazione di Henry Kissinger: “Per l’Occidente la demonizzazione di
Vladimir Putin non è una politica, bensì un alibi per l’assenza di
quest’ultima”. L’assenza di politica europea indebolisce l’UE, vedi
l’euroscetticismo dilagante, divide l’Ucraina e colpisce ovviamente la Russia
perché ne rafforza le spinte autoritarie interne a danno dell’affermazione
delle istanze liberaldemocratiche presenti al suo interno.
L’assenza
di una politica europea delle relazioni esterne e dello sviluppo interno,
quindi, è il nodo da sciogliere da parte UE anche per i rapporti con gli Stati
Uniti d’America che non possono essere improntati alla dipendenza e alla
subordinazione. La definizione di una linea politica autonoma, di equal
partnership con Washingon, costituisce per l’UE la base per potere affrontare
da protagonista un negoziato costruttivo con la Russia sull’Ucraina e la
creazione di un’Unione doganale euroasiatica. Il dibattito in Occidente su tale
progetto moscovita non ha messo in evidenza che se esso viene integrato in
un’OSCE rafforzata e contrattato con l’UE costituisce una grande opportunità
per la cooperazione allo sviluppo, per la crescita sociale e democratica
nell’area euroasiatica e per la pace e la sicurezza mondiale. Fuori da questo
contesto il progetto rimane un disegno imperiale russo destinato a fallire.
Diventa
pertanto essenziale il completamento da parte europea dell’Unione economica e
monetaria nelle sue articolazioni dell’unione bancaria, fiscale, economica. Il
completamento non è soltanto un obiettivo rivolto a rilanciare la credibilità
del processo europeo in quanto è un punto di appoggio strutturale per una
cooperazione economica e finanziaria con le altre aree del mondo in condizioni
di stabilità monetaria e per una riforma del sistema monetario internazionale
quale base per il governo dei processi di globalizzazione.
L’UE deve
darsi, inoltre, chiari obiettivi di sviluppo, coerenti con le aspettative dei
cittadini europei e le compatibilità ambientali planetarie, e grandi progetti
europei, come è avvenuto in passato con Airbus, Arianespace, l’alta velocità
ferroviaria, e investire molto in ri- cerca, innovazione e istruzione per la
creazione di nuova occupazione. Le analisi ci sono, i progetti anche, occorre
attivarli. L’Europa deve riuscire a diffondere nel mondo il suo modello di pace
e di sviluppo sostenibile, attento ai problemi del rispetto ambientale e della
salute, attento al risparmio e all’efficienza energetica e alla diffusione
delle energie rinnovabili per la riduzione delle emissioni di CO2 e per
risparmiare e lasciare in eredità alle future generazioni le attuali dispo-
nibilità minerarie di idrocarburi e carbone.
L’apertura
del dibattito elettorale in vista delle prossime elezioni eu- ropee può essere
un’occasione per una presa di coscienza e soprattut- to per l’avvio di una
riflessione sull’ “assenza di politica” che dovrebbe poi entrare nel programma
di lavoro della nuova legislatura del Parlamento europeo e della Commissione.
L’Unione
Europea lamenta un deficit politico sia sul versante interno sia su quello
delle relazioni esterne. Deve immediatamente dare segnali di nuove linee guida
su entrambi i versanti senza ritardi per ridurre le tensioni pericolosissime
che si sono accumulate in Ucraina. Il nodo è globale e non può essere sciolto
con i piccoli passi. L’Unione deve subito indicare i propri obiettivi di
rafforzamento del sistema euro con il completamento dell’unione fiscale e di
bilancio e l’avvio di un piano straordinario per lo sviluppo sostenibile e
convocare una convenzione costituente, aperta a tutti gli Stati membri
disponibili, per una riforma dei trattati diretta a dare all’Unione la
disciplina democratica sovranazionale di cui ha bisogno. La possibilità di
avere il prossimo presidente della Commissione nominato con voto a maggioranza
dal Consiglio europeo sulla base dei risultati elettorali rende realistica
questa prospettiva (art. 17.7 del TUE). E’ compito quindi delle forze politiche
inserire nei propri program- mi elettorali il progetto costituente federale e
impegnare i propri candidati a prendere immediatamente l’iniziativa nella
prossima legislatura 2014 - 2019 del Parlamento europeo.
Il
segnale sul rafforzamento interno è strategico per l’azione esterna, le dà
credibilità. Le permette di presentarsi al tavolo internazionale del negozia-
to sul superamento della crisi ucraina e dei rapporti con la Russia con un
progetto politico di cooperazione alla costruzione della pace, dello sviluppo e
della democrazia.

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