Giovani Europeisti

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martedì 27 maggio 2014

Come si presentano i 28 alle Elezioni Europee


Si chiuderanno oggi, 25 Maggio, le elezioni per il rinnovo dei 751 seggi presenti nel Parlamento Europeo. Le campagne elettorali hanno nella maggior parte dei paesi adottato toni violenti e radicali, la cui parola chiave non è stata “cambiamento” ma “distruzione”. La crisi finanziaria che è pervasa negli ultimi anni ha creato un’identità europea sempre più debole e un nazionalismo in crescita, che in certi paesi arriva fino alla xenofobia.
L’Europa è diventata, per l’opinione pubblica, il capro espiatorio, il nemico interno, la causa di tutti i nostri mali. È diventata una gabbia d’acciaio rigida e stretta.
La campagna elettorale per le europee si è trasformata in una sfida politica nazionale, che spesso si è dimenticata di ciò per cui si vota. I partiti euroscettici italiani, Lega Nord e M5S, hanno portato avanti una critica non creativa, che non vorrebbe o non saprebbe ricostruire su quello che vorrebbe demolire. Il Carroccio sfida la banca centrale europea facendo di “basta €uro” il suo slogan, mentre il partito del comico genovese ha riservato la decisione a un referendum online. Cavalcando l’onda del dissenso hanno usato ogni arma a disposizione per scalfire il governo, giovando di ogni segnale negativo del paese.
A far paura all’Europa e ai Governi non sono solo i partiti anti-sistema, ma anche lo spettro del menefreghismo, adottato come segno di protesta o di rassegnazione. Il Parlamento Europeo è eleggibile a suffragio universale diretto dal 1979. L’Italia ha avuto in media un’affluenza del 75%, con il picco più alto alla prima chiamata alle urne (85,65%) e quello più basso alle ultime elezioni nel 2009 (65.05%). Si prospetta un’ulteriore aumento di astensionismo, protagonista quasi tutti i ventotto paesi membri.
La tensione in questi ultimi mesi si è resa sempre più concreta. Le elezioni amministrative in Francia hanno confermato quello che da tempo si temeva, l’avvento di un radicalismo eurofobo. Il Front National, guidato da Marine Le Pen, figlia d’arte, ha già programmato, insieme al partito olandese PVV una coalizione euroscettica all’interno del Parlamento Europeo. A deciderne la rilevanza saranno i 49,4 milioni di aventi diritto al voto.
Ecco una breve analisi paese per paese di come gli stati membri si presentano alla sfida elettorale.

REGNO UNITO (73 deputati)
Grande protagonista di questa campagna elettorale è il partito populista esasperato e xenofobo UKIP, capitanato dall’estremista Nigel Farange. Si è votato giovedì 22 Maggio e le prime stime ridimensionano la pretesa della maggioranza del partito di estrema destra. I toni della campagna sono stati acidi e violenti, guidati dallo slogan “We want our country back” dell’Ukip che recupera e adatta la celebre frase della Thatcher.

AUSTRIA (18 deputati)
I partiti di maggioranza sono i popolari (ÖVP) e i socialdemocratici (SPÖ), che si contendono voto per voto la leadership. A disturbare il duello sorgono i liberali dell’FPÖ, vicini al gruppo euroscettico di Marine LePen e Geert Wilders. Il partito è stato recentemente colpito da uno scandalo che lo ha costretto a rinunciare al suo capolista Mölzer, che ha paragonato l’Unione Europea al Terzo Reich, prevedendone però un futuro da “conglomerato di negri”.

BELGIO (21 deputati)
Avendo come capitale il centro burocratico-istituzionale europeo vantano un certo euroentusiasmo, portato avanti da tutti i partiti in lizza per le europee. Anche il partito Vlaams Belang, xenofobo e secessionista che aderisce al gruppo LePen-Wilders, contradditorio alle sue posizioni rimane a favore dell’UE. Si prevede un afflusso elevato di elettori avendo superato il 90% in tutte e sette le elezioni europee precedenti.

BULGARIA (17 deputati)
Nonostante sia il paese più povero dell’unione non manca lo spirito europeista, considerato come un’occasione per la crescita economica. Il partito xenofobo-populista non manca, Ataka, guidato da Nikolaj Berekov dovrebbe però faticare a superare il 5%.

CIPRO (6 deputati)
Vige l’obbligo di voto, ma le aspettative sono basse. Il forte calo di affluenza tra le elezioni del 2004 e quelle del 2009 fa pensare che il calo marginale sia costante, soprattutto dopo la crisi della scorsa primavera.

CROAZIA (11 deputati)
Ultimo paese ad aderire all’Unione Europea (nel luglio scorso) prevede per le sue prime elezioni un certo euroscetticismo dovuta alle pressioni riguardo al mantenimento degli impegni presi da Zagabria.

DANIMARCA (13 deputati)
I più euroscettici dei ventotto affronteranno le elezioni con tre partiti a contendersi la maggioranza. Il partito di centro sinistra al governo si difende dal partito liberale Venstre, ma pronto a emergere è il Partito Popolare Danese, xenofobo e populista.

ESTONIA (6 deputati)
A tenerla vicina all’Europa è una questione extra-europea, la paura della Russia. Tra le ultime due elezioni europee registra un aumento dell’elettorato del 18%, nonostante ciò si stima che non supererà il 50%.

FINLANDIA (13 deputati)
Il partito dei Veri Finlandesi è la novità, partito di destra che ha condotto una campagna elettorale critica nei confronti delle misure economiche comunitarie.

FRANCIA (74 deputati)
Jean Monnet, ideatore della CECA, era francese, come tanti altri protagonisti dell’Unione. Ma i tempi dell’euro-entusiasmo sono arrivati a una fine. Protagonista indiscusso delle amministrative è stato il Front National di Marine Le Pen, che è dato per favorito anche per le elezioni europee. Le difficoltà economiche che hanno fatto vacillare il governo di centro-sinistra, hanno costretto Hollande a vivacizzare la leadership sostituendo l’ormai ex primo ministro Jean-Marc Ayrault col giovane Manuel Valls. L’invito della Le Pen è quello di votare, timorosa che il vero voto di protesta diventi l’astensione.

GERMANIA (96 deputati)
Campagna elettorale debole che si è affidata al candidato alla commissione dei Socialisti&Democratici, Martin Shulz. Il partito al governo della cancelliere Angela Merkel ha i sondaggi a favore con il 37% contro il 27% dell’SPD. Unico partito euroscettico è l’Alternative für Deutschland stimato al 7%.

GRECIA (21 deputati)
I più colpiti dalla crisi, stanchi dell’austerità e della troika. Non poteva che venire dalla Grecia la scossa di estrema sinistra di Alexis Tsipras. Il leader di Syriza, candidato alla commissione europea, potrebbe raggiungere la maggioranza relativa, superando il partito conservatore al governo, Nea Demokratia, di Antonis Samaras. Già in campo da tempo, il partito Neonazista Alba Dorata è dato al 7%.

IRLANDA (11 deputati)
Di tradizione euroentusiasta è invece l’Irlanda, che vede nell’Europa l’occasione per emanciparsi definitivamente dalla tutela britannica. Le misure di austerity imposte dalla troika le hanno permesso di uscire dal programma del fondo salva-stati, naturalmente non senza sacrifici. I due partiti di maggioranza rischiano di cedere parte dell’elettorato al di nuovo emergente storico partito Sinn Fein di Gerry Adams.

LETTONIA (8 deputati)
La campagna elettorale moderata porta in testa ai sondaggi il Centro dell’Armonia. L’appartenenza europea non manca. Come in Estonia la vicinanza all’Unione li difende dal grande vicino russo, le cui recenti mosse “diplomatiche” non rassicurano.

LITUANIA (8 deputati)
In testa c’è il partito socialdemocratico LSDP, che dovrebbe raggiungere il 38%. Si è votato ieri (sabato 24 maggio). Frammentati i partiti nazionalisti di destra, tra cui il partito della minoranza russa.

LUSSEMBURGO (6 deputati)
Se i seggi fossero assegnati in base all’affluenza il Granducato otterrebbe il massimo dei seggi. Alle ultime elezioni ha raggiunto il 90,75% aggiudicandosi il primato di affluenza di quell’anno. Oltre a un forte senso del voto come diritto dovere il Lussemburgo ha anche cittadini consapevoli delle istituzioni europee e favorevoli all’UE. Il partito Euroscettico, comunque, non manca. Un partito riformista alternativo, che come slogan ha “meno Europa più Lussemburgo”, non dovrebbe superare il 5%.

MALTA (6 deputati)
Il partito al governo, di Edward Fenech Adami, Demokratiku Nazzjonalista portò l’isola nell’Unioneed, e come il secondo partito, laburista, è favorevole all’Unione Europea, richiedendo soluzioni al tema immigrazione.

PAESI BASSI (25 deputati)
È tra i sei paesi fondatori quello con l’affluenza al voto minore. Nel 2004 si presentò alle urne il 39%, calando di tre punti percentuale nelle elezioni successive. Il favorito resta il partito di maggioranza, VDD, del quale fa parte il primo ministro Mark Rutte. A emergere è però il Partito per la Libertà, xenofobo, antislamico e populista, fondato dal suo attuale leader Geert Wilders, supportato dal Front National della Le Pen.

POLONIA (51 deputati)
Sono tra i sostenitori più entusiasti dell’Europa, grazie ai vantaggi dovuti all’adesione. Poca fiducia nei partiti causerà un forte astensionismo. Tra i partiti di maggioranza c’è l’ultraconservatore Legge e Giustizia (PIS) che ha usato in campagna elettorale toni critici nei confronti del vecchio continente.

PORTOGALLO (21 deputati)
Tra gli stati che più hanno guadagnato dall’adesione all’UE, il Portogallo ha conosciuto una rapida crescita economica. Il favorito sarà lo schieramento di sinistra, ritenuto una risposta ottima alla rigidità finanziaria.

REPUBBLICA CECA (21 deputati)
Questo paese affronta le elezioni del parlamento europeo dopo anni d’inimicizia nei suoi confronti. L’ ex Presidente della Repubblica Vaclav Klaus la considerava, infatti, come un nemico burocratico. Non esiste una vera e propria destra populista nonostante i toni della campagna elettorale siano stati tutt’altro che leggeri. Si è votato venerdì 23 e sabato 24.

ROMANIA (32 deputati)
La corsa alle europee si è gareggiata su temi nazionali come corruzione e disoccupazione. Da sette anni nell’UE non vedono ancora concreti benefici, trovando invece ostacoli dalle posizioni populiste europee contrarie alla libera circolazione rumena e bulgara. Unico partito di estrema destra è Grossa Romania che però rischia di non superare la soglia di sbarramento del 5%.

SLOVACCHIA (13 deputati)
Cinque in condotta per la Slovacchia riguardo all’affluenza. Nel 2009 arriva a malapena al 19% rendendola il paese con il picco più alto di astensionismo. Il disinteresse nei confronti delle istituzioni europee non è nuovo, alle loro prime votazioni europee nel 2004 non avevano raggiunto il 17%. Della piccola fetta di elettorato in questione si registra un certo favore riguardo all’UE che ha permesso una crescita economica. Il favorito è il partito Socialdemocratico SMER, saldamente in testa ai sondaggi.

SLOVENIA (8 deputati)
È l’unico paese che ha raggiunto un livello di povertà maggiore rispetto alla sua adesione all’UE. Non si sono formati partiti di estrema destra a cavalcare il dissenso, ma il vero antagonista sarà il già annunciato astensionismo.

SPAGNA (54 deputati)
Nonostante la situazione di crisi che ha portato a un livello di disoccupazione che tocca il 25% (disoccupazione giovanile al 53%) non si sono formati movimenti euroscettici. A emergere sono i partiti regionalisti nei Paesi Baschi e in Catalogna.

SVEZIA (20 deputati)
Debole approccio all’Unione Europea, dal quale vuole mantenere indipendenza finanziaria e amministrativa. Il partito euroscettico, antitasse, xenofobo Sverigedemokraterna, guidati da Jimmie Åkesson, è stimato tra il 5 e il 10%.

UNGHERIA (21 deputati)
Il ministero dell’Interno è già sicuro che saranno in pochi ad andare a votare, talmente sicuri da aver fatto stampare solo 5 milioni di schede elettorali su 8 milioni di aventi diritto. Il partito Fidesz al governo, ha creato un regime autoritario sotto il leader Viktor Orban, che ha ormai il controllo della stampa e della magistratura. Le forze di destra si fermano qui però, c’è grande attesa per il risultato di Jobbik, guidato da Gabor Vona, partito talmente estremista e talmente impresentabile che neppure Le Pen e Wilders vogliono averci a che fare. Tra i loro obbiettivi ci sono la cacciata degli ebrei, omosessuali e rom. Più che conservatori sembrano nostalgici.

(fonte: http://www.europarl.europa.eu/portal/it - L'Unità del 24 Maggio 2014)




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